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venerdì 30 dicembre 2011

Scara, "Microtraumi"


(2011; Genere: Pop-Rock Elettronico, Cantautoriato)

"Microtraumi" è un lp del cantautore bolognese Scara, nome d'arte di Marco Scaruffi; esso si compone come un concept album, andando a prendere in esame la vita del protagonista (il quale rimarrà sempre anonimo) dall'infanzia in avanti.

"Alieno", canzone che apre il disco dopo una breve introduzione strumentale, ripercorre infatti parte della giovinezza del protagonista, un bambino atipico che non ama i vestiti firmati e i giochi di lusso, né tantomeno giocare a calcio, una sorta di rito dalla massima priorità per i suoi coetanei, ma che per lui è invece motivo di scherno e derisione. Troppo sensibile, troppo emotivo, l'eccessiva e precoce maturità non costituisce un vantaggio bensì un ostacolo che lo conduce verso una vita solitaria, priva di demarcazione tra infanzia e adolescenza. Eppure quando si è ragazzi si sa che la sensazione di inadeguatezza adolescenziale non può non aumentare in quelle persone che già avvertono in sé il distacco tra il proprio modo d'essere e l'universo che li circonda, una vera e propria "guerra di mondi", appunto. Una battaglia senza scontri in realtà, perché il bello è che questa persona tende quasi a godere della non compagnia della gente: "meglio una mente aperta che sempre chiuso in un pub".
"La guerra dei mondi" è forse il pezzo più rappresentativo dell'lp, quasi un inno per nerds, poiché il problema non è tanto essere "fuori dal tunnel del divertimento" per dirla alla Caparezza, quanto capire se "forse è il tunnel a non volermi dentro".

Inevitabile, in tale contesto, anche il confronto con l'altro sesso, ovviamente rovinoso e vissuto ingenuamente, così come infantile, al limite del balbuziente, è il tono che viene usato per raccontare quest'aspetto della sua vita, in "La mia amica del cuore". Mentre in "Ti sto idealizzando" appare una prima presa di coscienza, cioè l'aver compreso che la donna amata in realtà è solo l'idea della donna amata, plasmata come plastilina nei propri pensieri, lontanissima dalla realtà.
Da qui prende forma anche un ulteriore inevitabile confronto: quello con gli altri modelli di uomini, visti come irraggiungibili, soprattutto in virtù di un discorso estetico, con cui non c'è e non potrà mai esserci competizione.
La sgradevole sensazione di sentirsi "diversamente amabile", un ragazzo qualunque, destinato a rimanere sempre anonimo per tutti, un "fazzoletto umano" che apparentemente non ha niente di così notevole per poter essere scelto e amato, passa anche da qui.

La conclusione è affidata ad un'amara riflessione di stampo joyciano e cioè che non importa dove andiamo, se cambiamo luogo, cambiamo aria, cambiamo residenza; assieme alla valigia ci trascineremo dietro lo stesso io che ci ha accompagnato fino a quel momento, con gli stessi tormenti, che non ci saluteranno amorevolmente dalla stazione ma siederanno accanto a noi sul treno. Fuggire è pressappoco inutile. E anche il nostro protagonista, in procinto di abbandonare la sua "cittadina", questo lo sa. L'ha capito. Ma forse non gli rimane altro da fare.

La vocalità di Scara va perfezionata, sia per quanto riguarda il colore di voce, che necessita di maggiore personalità, sia per quanto riguarda la precisione tecnica, ma i presupposti ci sono.
Il genere musicale in cui "Microtraumi" si muove è un Pop-Rock Elettronico con rumorose spruzzate punkeggianti, di forte stampo cantautoriale, che trova infatti il suo punto di forza nei testi delle canzoni, mai banali ma che anzi, nella loro calcolata immediatezza rendono realmente onore alla lingua Italiana.
Il mercato musicale italiano però, è doveroso ricordarlo, è saturo di Artisti che si attestano più o meno sullo stesso genere, riscuotendo parecchio successo nei circuiti indipendenti del sottosuolo Rock, ma è altrettanto giusto asserire che si farebbe a meno di molti di questi, anche di coloro che, mediante astuti stratagemmi mediatici, come I Cani, sono riusciti a salire sulla barca del successo.
In sostanza, sarebbe molto meglio affidare il timone a cantautori come Scara, fratello minore dei migliori Subsonica, il quale non si limita a descrivere ciò che vede intorno, come una mania crepuscolare tutta italiana che va avanti da circa un ventennio, vuole. In "Microtraumi" il percorso è interiore, non esteriore. Il narratore compie un viaggio che è quello della sua vita, non si limita ad un'osservazione voyeuristica delle persone, ma le rilegge attraverso la sua personalità rara e deforme.




Raising Girl consiglia l'ascolto di: "La Guerra dei Mondi"

Scara, "Microtraumi" : 7


Artisti simili: Subsonica.



Link per ascoltare l'lp in streaming: http://scara.bandcamp.com/

giovedì 29 dicembre 2011

PULP, "Different Class"

(1995; Genere: Brit-Pop, Rock, Pop-Rock)

E' senza dubbio Jarvis Cocker, crooner snob e decadente, elegantissimo Dandy fuori tempo massimo, la guida artistica dei Pulp, complesso formatosi nel 1978 dallo stesso Cocker, allora quindicenne. Dopo circa quindici anni di frustrante anonimato, o quasi, i nostri raggiungono il vero e proprio successo nel 1995 con l'album "Different Class", uscito dunque nel pieno boom Brit Pop, un calderone che finirà per inglobare anche loro. In effetti brani come "Common People", singolo anticipatore del disco, e "Disco 2000", lasciano pochi dubbi. Il primo è una sagace satira sociale nei confronti di una ragazza borghese, di buona famiglia e con padre ricco, che ha studiato scultura nei migliori college, ma coltiva un fervente quanto bizzarro desiderio: quello di vivere come una "persona comune". Così il narratore si offre di aiutarla nella surreale impresa, pertanto la accompagna al supermercato, a cercare lavoro e un appartamento in affitto, ma la mentalità non si può cambiare a tal punto, perlomeno non quella di chi crede che "essere poveri sia cool".
L'altro è un brano impresso nella memoria di chiunque abbia vissuto quegli anni. A discapito del ritmo ballabile e trascinante, la canzone si compiace di una malinconia che guarda al passato e profuma di tristezza; eppure ascoltarla e riascoltarla non può non essere un piacere. Memorabile anche il videoclip "narra-storia", ottimamente realizzato, e la bella versione rallentata e melodica che fece Nick Cave di questa canzone.


Ma "Different Class" non è solo un disco di puro e semplice Brit-Pop. La dimostrazione dell'eclettismo dei Pulp (semmai ci fosse bisogno di attestazioni, vista la carriera antecedente a questo lavoro) risiede anzitutto in due composizioni, pur se diverse tra loro: "I Spy" e "F.E.E.L.I.N.G.C.A.L.L.E.D.L.O.V.E.".
"I Spy" può essere definita come un'operetta orchestrale in bilico tra atmosfera da colonna sonora, quasi alla Sergio Leone, e la teatralità esuberante e chic che Cocker ha ereditato dal Glam Rock degli anni '70. Vera e propria gemma sinfonica dal retrogusto apocalittico, che solo per l'elaborato e al contempo musicale linguaggio adoperato, meriterebbe un posto d'onore nell'ambito della Musica Leggera Inglese. Il tutto sopportato dall'interpretazione vibrante di Jarvis Cocker, paragonabile a quella di uno straordinario attore perfettamente nella parte in un film drammatico. L'altro brano che si distacca nettamente dall'atmosfera Brit-Pop,"F.E.E.L.I.N.G.C.A.L.L.E.D.L.O.V.E.", avanza già nel territorio Avant-Garde, disseminato da quelle incursioni elettroniche che caratterizzeranno una certa produzione successiva di alcuni gruppi. Il pezzo rappresenta anche l'occasione per lodare l'eccelso lavoro alle tastiere di Candida Doyle, capace di creare un'atmosfera compulsiva dove Cocker reca invece la sensualità, andando a scavare nei toni più bassi e profondi del colore della vocalità straordinaria che lo caratterizza.

Ma in che cosa risiede dunque la bellezza e la novità dei Pulp? Mentre la battaglia Brit-Pop incalzava fomentando la rivalità, vera o presunta, tra Blur e Oasis (una battaglia invero impari e poco credibile vista l'abnorme superiorità artistica di Albarn & Co.), i Pulp e i primi Suede davano sfogo a un pathos romantico, vivido e spesso atemporale, inglobando a sé elementi della Musica Inglese degli anni anni '70 come Bowie e T-Rex, e degli anni '80, in primis i Cure di Robert Smith, la cui voce appare talvolta reincarnata proprio in quella di Cocker. Il risultato non è un pastrocchio disorganizzato e scopiazzato, bensì l'esatto contrario; il che rende la band di Cocker e quella di Brett Anderson (seppure solo per i primi tre album) gli outsider Glam dell'epopea British Pop.

Il brano in cui si avverte maggiormente il languore romantico dei Pulp è sicuramente "Bar Italia", che si snoda lungo un percorso dolciastro a volte, dolceamaro delle altre. E raggiunge il massimo lirismo nel climax del ritornello. L'avventura di "Different Class" passa poi anche per la pizzicata "Pencil Skirt" e "Mis-shapes", esortazione per una rivoluzione non sociale, non estetica, bensì intellettuale; vero e proprio inno di rivincita dei nerds nei confronti di una società che offre come modelli solo stereotipi. Anche il videoclip del pezzo parla chiaro.

"Underwear" e "Something Changed", seppure stilisticamente molto diverse tra loro, sono la dimostrazione che è possibile comporre un perfetto e bellissimo brano Pop in modo ordinario, mediante la successione di strofe e ritornello, una ritmica piena e circolare e le parole del testo che non siano buttate giù per atto dovuto.

"Questa è la luce di una nuova giornata che albeggia? Il bagliore del futuro che intraprenderai?
No, è soltanto un altro Lunedì che incalza. Ti tocca rifare tutto ancora una volta, caro".
Con queste parole termina quel piccolo capolavoro di "Monday Morning", nebbiosa esplosione a cavallo tra estetica alla Bowie e spiritualità Dark, il cui argomento preso in esame è una delle abitudini più antiche e recondite dell'uomo, cioè quella di crogiolarsi al pensiero di un futuro migliore senza però far niente di sostanzioso per migliorarlo, convinti che domani andrà meglio e i dolori poco a poco svaniranno nelle sfumature indefinite del tempo. Alla fine, però, ci si accorge che il treno del tempo è già passato e tutto ciò che rimane da fare è confrontarsi con le inevitabili delusioni.

Istrionici e poliedrici, i Pulp dopo "Different Class" continueranno a cambiare faccia con il torbido noir di "This is Hardcore", dimostrando di appartenere realmente ad una "classe differente".


Raising Girl consiglia l'ascolto di: "F.E.E.L.I.N.G.C.A.L.L.E.D.L.O.V.E."

Pulp, "Different Class" : 8.3


Artisti simili a Pulp: Suede

giovedì 22 dicembre 2011

Nuovo album per i MUSE nel 2012


Hopefully, the album might come out October next year”: a quanto pare, stando alle parole del manager deiMuse Anthony Addis, il tanto atteso disco di Matt Bellamy e soci vedrà la luce tra poco meno di un anno. Se tutto andrà bene, ovviamente. Il gruppo avrebbe infatti composto svariati pezzi durante il tour.

Ma come sarà questo nuovo lavoro?

Tra gli addetti ai lavori si parla di un disco più soft, in cui Bellamy mette a nudo aspetti più dolci del proprio estro. Non che gli ultimi Muse siano stati particolarmente Heavy, ma il batterista Domenic Howard afferma che "potrebbe essere un rock meno pesante, ma poi sarebbe compito mio e di Chris renderlo ancora heavy. Una ninna nanna heavy rock! Credo comunque che questa tendenza si evolverà in qualche modo".

venerdì 16 dicembre 2011

BLUR







Storia di uno dei complessi più importanti e camaleontici degli anni '90 che, da icona Brit Pop alle incursioni Experimental Rock, ha saputo sempre re-inventarsi.

Se credete che il mondo musicale e in particolare quello concernente il Rock sia libero da pregiudizi, un universo in cui il "fanatismo" ha accezione positiva e non esiste ignoranza, allora dovete fare un passo indietro. Non è esattamente così e le orde di stereotipi che affliggono la Musica Rock lo dimostrano. Giusto per fare qualche vago esempio: chitarristi capelloni dalle dubbie capacità musicali, cantanti scazzati e stonati, gruppetti insignificanti che cavalcano l'ultima moda musicale snaturandosi pur di vendere qualche copia in più e altri che ripetono la stessa canzone da vent'anni, altri ancora che hanno costruito la propria carriera su plagi di brani altrui...e via dicendo. Di sicuro sapete bene di cosa sto parlando.
Ovviamente c'è da dire che le idee della massa (questo termine mi incute terrore quasi quanto ne incuteva a Manzoni!) sono spesso e volentieri guidate, anche prepotentemente, dai media. E' il caso, ad esempio, della tanto fomentata rivalità tra Blur e Oasis negli anni '90 e di tutto il calderone che girava sotto l'etichetta "Brit-Pop". In effetti quando si pensa ai Blur, giungono subito alla mente i ritornelli facilotti di "Charmless Man" e "Country House", nonché i quadretti della borghesia inglese realizzati ad arte dall'ironia pungente di Albarn. "Parklife" (1994) era stato, infatti, il disco manifesto del cosiddetto Brit-Pop, un movimento musicale distintivo degli anni '90, il quale affonda le sue radici nell'Indie Rock che s'andava sviluppando in quel periodo con gli stilemi del Pop inglese, di cui massimi ispiratori erano i Beatles. Ovviamente si trattò di un fenomeno esclusivamente British, che coinvolse tantissimi altri valenti complessi musicali, più o meno conosciuti, tra cui ricordiamo anche Suede, Mansun, Elastica, Embrace, Gene...

Ma per i Blur non fu così dal principio, non esordirono come Band di Musica Pop.
Se i Beatles debuttarono come complesso Pop per le masse per poi andare a configurarsi sempre più come sperimentatori in ambito Rock, per la prima parte di carriera dei Blur avvenne l'esatto contrario.

Il gruppo, formato dai giovani Damon Albarn, estroso e geniale cantante (più tastiere e chitarra ritmica), Graham Coxon, talentuoso chitarrista e fragile seconda voce dall'aria da nerd, Alex James, sorridente bassista che più Glamour non si può, e il batterista Punk dai capelli fulvi Dave Rowtree, riuscì ad ottenere ben presto un contratto. Forse troppo presto, a detta dello stesso Albarn vent'anni dopo. La gavetta antecedente alla pubblicazione del primo disco non fu molta infatti: i quattro, all'epoca ventunenni, fondarono a Londra un gruppo chiamato Seymour e iniziarono ad esibirsi nei locali. La loro era pura furia Punk o, per essere più precisi, Art-Punk. I baldanzosi giovincelli si presentavano già ubriachi alle esibizioni, con Damon che saltava come un pazzo, talvolta sanguinando per essersi sbattuto l'asta del microfono sul naso o essere saltato dall'amplificatore addosso ad Alex, e Dave che era solito indossare i pantaloni del pigiama (http://goo.gl/hZMk3). Salvo poi firmare un contratto con la Food, modificare il nome del gruppo in Blur e pubblicare nel 1991 "Leisure", disco acerbo ma che già lasciava intravedere le potenzialità del quartetto inglese. A far conoscere i Blur contribuirono la copertina patinata dell'album e il primo singolo, "She's so high", delirio romantico di barrettiana memoria. Ma sarà soprattutto il secondo brano estratto da "Leisure" a portare quel sound così ricco di riferimenti eppure già personale al primo vero discreto successo dei Blur. Il pezzo è "There's no other way", in cui viene delineata con tocchi di classe un'amarezza stantia da ricondurre alla monotona falsità della vita borghese. La canzone è trascinante e quel gruppo sprigiona fascino. La bravura non manca di farsi notare anche in altre tracce, ma quella più interessante è senza dubbio la lisergica "Sing", guidata da un'atmosfera drogata e martellante in stile Velvet Underground. Non a caso scelta per la colonna sonora del film "Trainspotting" di Danny Boyle.
Un esordio frettoloso (addirittura molti testi saranno improvvisati in sala di registrazione) che di Pop aveva ben poco; una mistura intrigante di Shoegaze e Manchester Sound.

("Leisure": 6.5)


Un lungo tour in America pare ai Blur l'occasione migliore per farsi conoscere all'infuori della Gran Bretagna e così, forti dell'aggressivo singolo "Popscene", i nostri si muovono in direzione degli States. Ma il viaggio sarà fonte di attriti tra i membri del gruppo che, nel mondo plastico e contorto degli USA, si sentono fortemente a disagio. Senza contare che il tour fu disastroso e i quattro si ritrovarono senza un soldo e stroncati dalla critica che vedeva in loro una brutta copia degli Stone Roses, gruppo fondamentale per la comprensione del Brit-Pop e Alternative Rockdegli anni '90. Tornati in Inghilterra stremati dunque dall'esperienza americana, i Blur decidono di rilanciare la propria immagine. Damon è deciso a creare un sound che sia British, che rispecchi le loro radici, che non snaturi le loro ambizioni. Ma, soprattutto, che costituisca un punto di distacco dal Grunge, onnipresente in quel periodo dopo la forte spinta propulsiva apportata daiNirvana. Il Brit Pop così come lo conosciamo probabilmente inizia proprio qua, da "Modern Life is Rubbish", uno dei primissimi dischi del genere. E in "For Tomorrow", che apre l'album, questo appare chiarissimo, poiché il pezzo incarna tutte le caratteristiche del Pop made in England. Un lavoro ancora fragile, da maturare, ma che già indica verso una precisa direzione, pur essendo aperto a varie influenze musicali. Non si può parlare di concept album ma sicuramente in MLIR il filo conduttore c'è eccome in tutti i brani: l'osservazione della quotidianità inglese di quegli anni in una sorta di delicato affresco crepuscolare, che si libra tra gesti e oggetti comuni e poco intriganti. La rabbia giovanile fomentata dal Grunge è qui sostituita da una dolce mestizia che avvolge ogni pezzo, andando a creare una cappa di amarezza e rassegnazione che non risultano mai doloranti o pedanti.

("Modern Life is Rubbish" : 7)


Si arriva così a "Parklife", la consacrazione definitiva per i Blur. Il salto di qualità è enorme e i quattro dimostrano di aver notevolmente affinato le loro capacità musicali, fino ad allora espresse solo in potenza. Nel disco non c'è una sola cosa che non vada bene: maturo nelle musiche, nei testi e nell'interpretazione, incredibilmente vario ma omogeneo. Gli arrangiamenti si fanno curati e intriganti, talvolta spiritosi, come in "Girls & Boys", ballabile, giocosa e, come gran parte della produzione del gruppo, solo apparentemente semplice. I brani sono tutti perfetti: dalla scanzonata title-track, cantata insieme all'attore Phil Daniels, alla bellissima "Clover Over Dover", resa ipnotica dal suono del clavicembalo, passando per le atmosfere retrò di "To the end" e quelle Glam di "Jubilee". Senza dimenticare la filastrocca spaziale cantata dal bassista Alex James, "Far Out", la malinconica "This is a Low" e il giro di basso funky dell'ironica "London Lovers".

("Parklife" : 8.8)


I nostri hanno ormai raggiunto, oltre ad un equilibrio artistico invidiabile, anche fama e successo. Ma la situazione inizia a mostrare i primi effetti collaterali: è il momento degli attacchi di panico di Damon e dei contrasti del cantante con Coxon. Oltretutto ci si mette di mezzo la stampa inglese, da sempre molto patriottica. Infatti, dopo aver scoperto e ri-scoperto i Blur, i media creano e fomentano una vera e propria battaglia musicale tra Blur e Oasis, nonostante i due gruppi abbiano poco o niente in comune. Ma è l'occasione per portare alla ribalta la storica rivalità tra Beatles e Rolling Stones e aggiornarla al tempo corrente, con i Blur da una parte, faccini freschi e puliti, e i Gallagher dall'altra, ragazzacci di pessime maniere. Tra l'altro, il dualismo tra Damon Albarn e Graham Coxon, amici-nemici, novelli John Lennon-Paul McCartney, poteva accentuare questa visione dei fatti.
La questione però si rispecchia anche sul piano sociale perché sempre più i primi vengono associati alla Middle Class del Sud e i secondi alla Working Class del Nord.
Chi glielo spiega ai media britannici che parlare di Nord e Sud e appartenenza a classi sociali nella Musica Pop è una cosa stupida?
Certo, i Blur avevano sin dagli esordi contemplato nei loro pezzi il personaggio borghese, ma si trattava di un'immagine caricaturale e ironica, oltre che amara. E continueranno a farlo anche nel disco successivo, "The Great Escape" del 1995. Il primo singolo infatti, "Country House", altro non è che un'invettiva nei confronti di un "cinico professionista" all'apice del successo il quale crede che basti trasferirsi in una casa di campagna per evadere dai problemi. Per poi continuare a condurre la solita vita, con i pomeriggi che scivolano via tutti uguali, ingozzandosi di pillole e leggendo Balzac, con i documenti dell'analista da compilare. "Country House" uscirà come singolo lo stesso giorno di "Roll with it" degli Oasis e venderà circa 60mila copie in più del brano gallagheriano; ma gli Oasis vinceranno la battaglia in quanto il loro disco, "What's the story (Morning Glory)" surclasserà TGE.


La battaglia del Brit-Pop era stata molto più estenuante di quanto si possa immaginare, coi fratelli Gallagher che augurano a Damon e Alex di prendere l'AIDS e fanno una parodia volgare e fuori luogo di "Parklife" trasformandola in "Shit-life" e molte altre scaramucce tra queste due band simbolo del periodo. "Gli Oasis erano come i bulli a scuola... Ora ci rido su, ma al tempo ero molto sensibile e quegli atteggiamenti mi ferivano", rivela Damon Albarn a vent'anni di distanza dalla famigerata lotta. In effetti quello fu un periodo alquanto buio per i Blur che, entrati nel circolo vizioso della Musica Pop, non riuscivano più ad uscirne per ritrovare la propria identità. Erano diventati il gruppo delle ragazzine di 13-14 anni, che appendevano il loro poster in camera e canticchiavano a squarciagola il "nana nanana nana" di "Charmless Man", venerando la frangetta biondina di Albarn. Eppure "The Great Escape" è un ottimo album di Musica Pop, anzi forse troppo sottovalutato a causa dei tumulti che lo accompagnarono. Pezzi incisivi come l'opener "Stereotypes" e il Pop strampalato di "Dan Abnormal" (anagramma proprio di "Damon Albarn") non sono certo da sottovalutare. Senza contare la raffinata e al contempo demenziale "Fade Away", l'evasività e l'alienazione dolorosa e toccante di "He tought of Cars". E la contrapposizione tra voce maschile inglese e voce femminile giapponese di "Yuko and Hiro" non vi ricorda una certa produzione bowiana? Senza contare che TGE contiene uno dei capolavori assoluti della loro opera: l'orchestrale "The Universal", amaro apogeo di pessimismo mascherato da ottimismo, con un originale videoclip che si ispira ad "Arancia Meccanica" di Stanley Kubrick.

("The Great Escape" : 7.8)


"Ai concerti non riuscivo a guardare oltre la terza fila ma fino a là vedevo solo ragazzini" ,incalza seccato Graham, che in quel periodo arriverà a detestare la Musica Pop e a cercare una via di fuga dalla Musica Inglese nelle influenze americane. Influenze che appariranno chiare nel lavoro successivo della band, "Blur". Proprio in questo lavoro l'influenza del John Frusciantebritannico si fa più forte.
Siamo nel 1997 e i Blur cambiano ancora una volta faccia. Abbandonano le atmosfere patinate e distese del Brit-Pop e si avvicinano fortemente a Indie Rock e Lo-fi, sfoderando un sound sporco, brusco. Le melodie orecchiabili lasciano il posto a ruvidezza e al tempo stessa ricerca sonora.
Il preludio al cambiamento è per tutti il primo singolo dell'album, "Beetlebum", una ballata malinconica che trafigge intimamente, quasi quanto lo sguardo mai così maturo di Albarn nel videoclip. Nel pezzo finalmente il cantante abbandona la terza persona e i ritratti della borghesia inglese per aprirsi a un tono più intimo e personale. "Beetlebum" ha un testo ricco di sfumature ed interpretarlo è questione soggettiva, ma la questione della droga sembra sottesa in frasi come"She turns me on... All my violence is gone". Sarà Damon stesso a confermare la versione secondo la quale l'amara canzone si riferisce all'eroina.
E poi nel disco è contenuta la celebre "Song2", un brano che anche chi non conosce i Blur, conosce. In Italia divenuta famosissima dopo essere stata scelta come sigla del gioco "Fifa 98", un pezzo di memoria collettiva per tutti i ragazzini che in quel periodo vi trascorrevano i pomeriggi! Impossibile non lasciarsi trascinare da quell'efficacissimo giro di chitarra e da quel "woooh-oooh!" che tanto fa il verso al Grunge, come anche il video. L'America non più come la terra nemica e straniera, dunque.
Altri pezzi interessanti sono la bellissima "Country Sad Ballad Man" e la velocissima "M.O.R.", proseguo del Bowie berlinese. Graham Coxon dà il suo contributo anche vocale nella dissonante "You're so great", geniale ballata chitarristica dai suoni aspri e timidi, spigolosa e dolce nello stesso tempo. Ma ogni traccia di questo fenomenale disco va ascoltata e assaporata perché rappresenta un pianeta a sé, eppure mai dissociato dall'universo contemplativo, intimistico e sperimentale del disco nella sua interezza.
Basterebbe anche solo un disco come "Blur" per rivalutare questo complesso, che ha saputo passare dal Brit-Pop più intellettuale alla sperimentazione pura, in diversissimi contesti musicali. Un po' come i Radiohead, che però vengono sempre citati per questo motivo, contrariamente al quartetto londinese, ricordato perlopiù ai fasti del successo commerciale. Ricordiamo anche che "Kid A" dei Radiohead è stato pubblicato nel 2000, il disco dei Blur che adesso andremo a prendere in esame, invece, nel 1999...Riflettiamoci su.

("Blur" : 9)


Il gruppo ha spiazzato tutti con "Blur", dunque quale sarà la direzione che prenderà adesso se non quella di continuare su questa strada, lasciando ancora una volta il proprio pubblico folgorato? E' la volta di "13" , pubblicato nel Marzo 1999. Il pezzo che apre l'album, "Tender", rappresenta un punto di rottura e insieme di continuità col passato, poiché è un brano orecchiabile e molto piacevole all'ascolto ma che introduce sonorità quasi Country, con il coro eseguito dalla London Community Gospel. Ma le novità non mancano di farsi sentire in brani mirabolanti di cui ora andremo a parlare meglio.
"Quando Damon arrivò con il testo di "No Distance Left to Run" rimasi sbalordito, perché mi accorsi che non era solo una persona strafottente e arrivista ma che anche lui ha i suoi problemi e la sua sensibilità", commenterà Graham in seguito. In effetti in quel periodo l'eccentrico Damon stava attraversando un periodo complicato e doloroso dopo la rottura del turbolento rapporto, durato 7 anni, con Justine Frischmann, leader degli Elastica. Ha così inizio un periodo di depressione per lui, che abbandona la casa in cui aveva vissuto tutti quegli anni e si prende un appartamento a Bayswater.
Già dal precedente lavoro Albarn aveva abbandonato l'accento cockney, tipicamente londinese, a favore di una voce più sincera, più diretta, tremante d'emozione a volte. La sua. In "13" la voce si fa addirittura biascicante, come quella di qualcuno che, steso per terra, cerca disperatamente di alzarsi, tendendo le braccia per aria, ma con la rassegnazione solo apparentemente pacata di chi sa già di essere solo. Un cantato torbido e penetrante. E' il caso di quella che è, a parere di chi scrive, il miglior pezzo mai registrato dal gruppo, ovvero "Caramel":
"Devo andare oltre, devo andare oltre, devo stare meglio. Io sono con te per sempre. Devo ingegnarmi, devo fare di meglio, devo smettere di fumare. Dov'è la magia? Devo stare meglio... Oh, Signore, dammi la magia... Sono con te per sempre. Devo trovare qualcosa che so fare e andare a vivere per le montagne. Ti amo eternamente. Lo sapevo, lo sapevo... e tu sei, tu sei...fiacco, fiacco, fiacco".
Quello che sembra essere solo un vaneggiamento senza un filo conduttore, è invece un tentativo, logoro già in partenza, di cercare di proseguire a discapito delle difficoltà, mentre in realtà si ha voglia di assistere e custodire la propria solitudine. Null'altro.
La canzone, musicalmente di stampo sperimentale e molto suggestiva, termina effettivamente al minuto 06:40, ma poi seguono due brevissime ghost track: una che rimanda al pezzo finale del disco, "Optigan1" e un'altra dal sound più duro e distorto, con tanto di rumore di un'automobile che si accende.


Tra gli altri brani presenti in "13", voglio parlare di "Trimm Trabb", che ha un suono così anestetizzante che non potrete fare a meno di ascoltare e riascoltare, tra i deliri onomatopeici di Albarn e i suoni sovraesposti e malati di Coxon e degli altri componenti del gruppo. Il brano, che spesso va a sfiorare l'elettronica, fino ad un certo punto si configura come un pezzo ordinario finché, a partire dalla seconda parte, la forma-canzone viene a scomporsi, dilatandosi in modo da confluire in un trip ammaliante di rumori. E poi c'è, invece, "Swamp Song", le cui parti si trovano scomposte già in partenza e difatti non vanno mai a confluire in qualcosa di simile ad un ritornello, ma si ripetono continuamente eppure in modo sempre diverso, supportate da urla isteriche e coretti rassicuranti. La follia nell'ordinario.
Syd Barrett, idolo di Damon, appare più vicino che mai, soprattutto nella dolce e cadenzata "Mellow Song" e in parte anche in "1992", altra perla del disco. Anche qui un Albarn malinconico, intento a ricoprire di ricordi gli ultimi spasmi doloranti della sua relazione, sacrificata forse anche in virtù della fama ("Going into business, an agreement for your bombast"). La sua voce poi scompare, assediata da suoni e rumori che la circondano da ogni parte, andando letteralmente a coprirla, a soffocarla, perché in fondo neanche la Musica riesce a placare quel caleidoscopio di ricordi, quel letto, quell'ombra silenziosa di un'altra persona, più un fantasma generato da pensieri e paranoie che riflesso della realtà.
Una tristezza tangibile, che non chiede pietà né comprensione, ma solo di potersi rivelare.
"13" è un album assolutamente sottovalutato, forse perché si trova tra il masterpiece del gruppo (l'omonimo "Blur") e il loro ultimo, interessante lavoro, "Think Thank". Forse perché la grande varietà di suoni presenti sono sconnessi ed eccessivi. Forse perché un disco così sbilenco, carico e paranoico non lo si aspettava dai Blur, anche se gli stessi avevano, dal post TGE, dato prova di essere un complesso camaleontico e molto più intenso e veemente di quanto l'etichetta "Brit-Pop" che era stata attaccata sulla loro Musica, potesse dare a credere.
Bollato infatti come "troppo alternativo" o "forzato e pesante", "13" è semplicemente impegnativo. Necessita di più ascolti approfonditi, non è un disco da mettere come sottofondo durante un viaggio in macchina. E dire che questo album contiene anche alcuni classici del gruppo: le già citate "Tender", amatissima ai concerti", e l'emozionante "No Distance Left to Run", oltre a "Coffee and Tv", pezzo firmato interamente dal chitarrista Graham Coxon; una sorta di filastrocca che al primo ascolto potrebbe apparire addirittura insulsa, ma che dopo vari ascolti vi sorprenderà. Nel testo Coxon parla dei suoi tentativi di smettere di bere, da sempre suo grande problema, e il pluri-premiato videoclip che è stato realizzato ha per protagonista un cartone di latte, Milky, alle prese con un'estenuante impresa nel bizzarro mondo degli umani!

("13" : 8.8)


Il giusto riconoscimento anche per il videoclip di "No Distance Left to Run", in cui, grazie ad una videocamera a visione notturna, vediamo i quattro mentre dormono nei loro rispettivi letti:


A un anno di distanza da "13", il gruppo pubblica "Blur: The Best Of", una raccolta che celebra i loro dieci anni di attività, con l'aggiunta di un inedito: "Music is my radar", un pezzo sperimentale che viaggia sul territorio dell'elettro pop e si profila come incredibilmente interessante. A tre anni dall'uscita del Best, nel 2003, i Blur danno alla luce il loro ultimo disco in studio: "Think Tank". Ciò che caratterizzò la registrazione di TT fu infatti la dipartita di Graham Coxon. Le scuole di pensiero che valutano le motivazioni sono varie, ma la più credibile è senza dubbio quella che vede Coxon e Albarn l'uno contro l'altro, probabilmente a causa di dissapori a livello musicale. La genialità di Damon iniziava infatti a strabordare e a vagare in tante, troppe direzioni, difficilmente gestibili e conciliabili tra loro, cosa che apparirà chiara nei suoi progetti futuri. Graham non avrà gradito questi ennesimi capricci del leader del gruppo e da qui la decisione di andare avanti per conto proprio. "Think Tank" viene comunque alla luce, e sempre sotto il marchio Blur, ultima scintilla di una brillante carriera. Esso risente molto, quindi, della creatività altalenante di Albarn, tra sprazzi orientaleggianti, ancora qualche bagliore lo-fi e il definitivo abbandono del Brit-Style. Si spazia dal surrealismo lamentoso in stile Radiohead di "Good Song" all'invernale "Ambulance", uno dei vertici del disco che richiama a qualcosa di Dub-Step, passando per il bel singolo di lancio "Out of Time", registrato in Marocco.
"Think Tank" aggiunge il tassello definitivo alla costruzione e demolizione del sound Blur dal periodo post-TGE in poi: brani che si dilatano e restringono di volta in volta, una stratificazione di suoni che accoglie le influenze più strane, come nella sensuale "Brothers and Sisters". In essa si passano in rassegna tutte le droghe ("fratelli e sorelle" appunto) che fanno parte della vita di chiunque: non solo cocaina dunque, ma anche la caffeina, di cui tutti usufruiscono e l'aspirina, usata per alleviare il dolore. Le droghe viste nella loro accezione sociale, in un periodo in cui si vive "per ansietà" e in cui il bere è il riflesso della nostra società.



("Think Tank" : 7.7)


Pare che i rapporti tra i membri dei Blur siano, negli anni a seguire, andati a ricomporsi e rasserenarsi, fatto supportato anche dall'uscita, nel Giugno del 2009, di "Midlife: A Beginner's Guide to Blur", un doppio cd che si propone di raccogliere le canzoni più emblematiche (non solo singoli) dei Blur dagli esordi fino a "Think Tank". Ma soprattutto dallo straordinario concerto di re-union del 2 e 3 Luglio 2009 ad Hyde Park. Un evento colossale e bellissimo, che non lascia dubbi sul talento camaleontico e intenso di questo complesso, troppo spesso sottovalutato.



Altri progetti:

Negli anni 2000, Damon Albarn si getterà, inoltre, in uno stravagante progetto: un gruppo i cui membri appaiano sotto forma di cartoon. Nascono così i Gorillaz, caratterizzati da un sound che mescola l'Hip Hop con la Musica Pop e la sperimentazione, in modo diverso a come si è abituati a pensare a questo connubio. Eppure i Gorillaz, che pure hanno sfornato varie hit di grandissimo successo ("Clint Eastwood", "Feel Good Inc"...), difficilmente sono riusciti a conseguire al meglio il loro obiettivo. Più interessanti invece gli altri progetti paralleli dello stesso Albarn: primo tra tutti "The Good, The Bad & The Queen", album di debutto del super-gruppo formato appunto da Albarn, il chitarrista dei Verve Simon Tong, un mito vivente come Paul Simonon deiClash al basso e Tony Allen alla batteria.

E per quanto riguarda la carriera solista del chitarrista Graham Coxon? Ha già pubblicato ben 7 album, dischi di Pop deturpato e sgangherato, estremo ma con la costante intimista sempre in evidenza. E' un talento ruvido quello di Coxon, che ha dato prova di riuscire a farsi valere nell'ultimo album, "The Spinning Top" (2009), beccheggiante tra emozioni folkeggianti e languido Pop. Ma siamo ancora lontani dalla brillantezza di cui aveva dato prova nei Blur...

domenica 4 dicembre 2011

"Heroes": il MUSICAL ispirato a David Bowie


Novità importanti in ambito bowiano!

Probabilmente in Primavera avrà luogo un Musical ispirato alle canzoni più belle di David Bowie. Il Duca Bianco avrebbe infatti concesso i diritti per i propri brani: pare certo che vi saranno contenuti, ad esempio, "Heroes", che darà il titolo allo spettacolo, Let's Dance" e "The Man Who Sold the World". Lo spettacolo dovrebbe debuttare nella celebre Arena O2 di Londra.