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    venerdì 27 maggio 2011

    David Bowie, "Toy" (Recensione)

    (Data Realizzazione: 2001/2002, Data Pubblicazione: 2010; Genere: Beat Rock, Rock)

    Revival Regale. Vi ho già parlato approfonditamente della storia che "Toy" si porta dietro (qua!): concepito nel 2001 come disco di cover delle canzoni di Bowie antecedenti al suo successo ma mai pubblicato ufficialmente, ha visto la luce a marzo di quest'anno su internet. Non si sa come e da chi, fatto sta che per gli appassionati si tratta di una vera e propria delizia e adesso andiamo a scoprire il perché.
    L'incipit di "Toy" ha il sapore raffinato ed emozionante Corsivodi "Uncle Floid", che raccoglie appieno la straordinaria eredità di "Space Oddity" e "Life on Mars?". In realtà il brano era già apparso su "Heaten" col titolo di "Slip Away" ma qui, spogliata da ogni fronzolo, raggiunge ilCorsivo culmine della bellezza e dell'intensità, diventando l'ennesimo, indimenticabile capolavoro di Bowie. Ma di canzoni che lasciano il segno ce n'è più d'una in questo strano "giocattolo": che si tratti di "In the Heat of Morning", potente, abrasiva e diretta, o dello straordinario fervore emotivo di "Shadow Man", o ancora della piacevole title-track o di "Hole in the Ground" (1970), che anticipa "Walk on the wilde side" di Lou Reed. E poi c'è il ritmo febbrile di "Afraid", che avevamo già sentito identica in "Heaten" ma che di certo non delude. E' il Bowie degli anni '60 questo, quando era ancora, semplicemente David Robert Jones, e non un maestro teatrale di musica, la punta di maggiore accensione del pop, l'eclettismo incensurato del rock. E si sente eccome il sound Sixties in quest'album: basti ascoltare la bella "Baby Loves That Way"; ma forse è proprio questo suo essere immerso nel passato che ha fruttato a "Toy" la volontà di non essere stato pubblicato per nove anni. E se non ci fosse stata questa "soffiata" in rete probabilmente non l'avremmo mai potuto ascoltare. Certo non è un album commercialmente fruttuoso, ma è pur sempre una raccolta che reca in seno un progetto interessante e coraggioso. E poi è David Bowie, mica pizza e fichi. Del Bowie così come lo abbiamo conosciuto con Ziggy, teatrale, enfatico ed istrionico, ci sono già tracce in "I dig Everything" (1966), giusto compromesso tra suoni più spigolosi e altri più armonici. Ci sono anche un paio di episodi non brillanti come lo è l'album nella sua interezza: "You have got a Habit of Leaving", troppo facilotta e cactchy. Da lui ci si aspetta di più. E "Jet me Sleep", che niente aggiunge e niente toglie all'album, mentre "Liza Jane" è il primo giocoso e accattivante singolo di un David Jones diciassettenne e tanto basta per ingolosire l'ascolto (http://www.youtube.com/watch?v=f5Z9CwgIJCM).

    Ciò che arriva subito all'orecchio ascoltando "Toy" è la ponderatezza con cui ogni singolo brano viene magistralmente interpretato e quanto gli arrangiamenti moderni e, soprattutto, la voce matura di Bowie facciano la differenza. Non cambierà la storia della musica, non la riscriverà, non la creerà, perché "Toy" non è "Ziggy Stardust", non è "Hunky Dory", non è "Heroes", non è "Young Americans". Ma è il disco di uno che la Musica l'ha prima creata e ora la reinterpreta. Senza sbavature, senza nei, senza pleonasmi.

    Raising Girl consiglia l'ascolto di: "Shadow Man".

    "Toy", David Bowie: 7.7

    Artisti simili a David Bowie: Lou Reed & Velvet Underground.

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