R.E.M. Carriera quasi trentennale, la band di Athens ritorna. Per chi si aspetta un disco indie, underground, alternativo o qualcosa del genere, allora è meglio che cerchi qualcos'altro. Perché "
Collapse into now" ha un mood pop-rock, ma contiene brani molto diversi tra loro a tal punto che non si capisce in che direzione vogliano andare: parecchi i riferimenti elettronici e le comparsate acustiche. Sono stata attratta da quest'album grazie al primo singolo, "
Uberlin", meravigliosa e dolce canzone che in qualche modo ricorda vagamente "
Space Oddity" di
David Bowie ("
hey now take your pills"...). Il viaggio di "Uberlin", però, più che rappresentare un iter spaziale, è l'elaborazione di un tragitto quotidiano ("
hey now, make your breakfast, comb your hair and off to work") che termina nell'aere della fantasia ("
my imagination runs away", "
I'm flying on a star into a meteor tonight"). Il videoclip del singolo è stato girato a Bricklane, quartiere di Londra, da
Sam Taylor Wood ed è tanto particolare quanto interessante e gradevole. Protagonista
Aaron Johnson, già
John Lennon in "
Nowhere boy". L'album si apre con "
Discoverer" e "
All the best", due brani di rock duro e puro che richiamano gli anni '70. E si continua con un pezzo lento, "
Oh my heart", in cui finalmente la voce di Stipe risalta in tutta la sua ammirevole bellezza. La canzone è poetica, anche emozionante, musicalmente interessante, con un bel refrain corale. I problemi arrivano dopo. L'album dovrebbe vantare tre collaborazioni illustri, ma risultano tutte deludenti. "
It happened today" comprende uno scialbo quanto inutile cameo di
Eddie Vedder. La canzone è orecchiabile ma del tutto insipida, come a cercare un risvolto più alto che però non arriva mai. Esattamente come nell'insignificante "
Me Marlon Brando and I". Si passa dunque a "
Every day is your win", una sorta di ninnananna in cui la voce del leader appare metallizzata, quasi indecifrabile, celata dietro questo muro di strana elettronica che confonde, mentre con "
Mine smell like honey" tornano le sonorità dei R.E.M. passati. "
Alligator Aviator Autopilota Antimatter", con
Peaches, è l'unica collaborazione decente dell'album; brano veloce ma niente di che. Fortuna che subito dopo ci pensa "
That someone is you" a risollevare le sorti del disco. Semplice ma non banale. Semplice ma banale, invece, "
Walk it back", anche se piacerà certamente alle radio. Probabilmente tutto il disco piacerà alla radio. In fondo, è catchy, facile da ascoltare e da ricordare. In realtà è ricco di dettagli che fanno la differenza, perché gli R.E.M sono ottimi musicisti anche dopo tutti questi anni di carriera. Ma l'impostazione del disco presuppone, purtroppo, un ascolto superficiale. E, purtroppo, delude.
Mi ha sorpreso il fatto che nelle ballad, fatta eccezione per la già citata "Uberlin", manchi lo spessore artistico ed emotivo, nonché l'elegante songwriting di "Everybody hurts", "Leaving New York", "Loosing my religion"...
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